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Traduzione dell’articolo del giornalista Rieks Holtkamp (pubblicato il 07-08-2006) su Cristina Giongo ed il suo progetto di scrivere un libro sugli istituti psichiatrici olandesi.
La gente ha bisogno della luce del sole.
Secondo una recente statistica del Ministero della Sanità, la depressione è una delle più ricorrenti affezioni psichiche del mondo. “Ma contemporaneamente anche una delle più sottovalutate” dice Cristina Giongo, una giornalista italiana che proviene da una famiglia di medici, la quale, appena arrivata in Olanda, ha cominciato subito ad interessarsi al modo di affrontare il tema della sofferenza psichica nel nostro Paese.
Un’ italiana conduce una ricerca nel manicomio De Grote Beek (Il Grande Ruscello)
Nel 1978 in Italia fu approvata una legge, la legge 180, meglio conosciuta come Legge Basaglia ( dal nome dello psichiatra suo promotore), il cui scopo era quello di riformare e migliorare l’assistenza psichiatrica, partendo dalla chiusura di tutti i manicomi esistenti. Il concetto di base era quello di responsabilizzare la società nei confronti di questo tipo di malattie. Da quel momento gli ospedali normali avrebbero dovuto intervenire soltanto per i ricoveri nei casi d’emergenza. Sia in Italia che nel resto dell’ Europa i pareri su questa politica di “Psichiatria democratica” furono e sono tuttora discordi. La sinistra appoggiò subito la legge, poichè considerava gli ospedali psichiatrici come il simbolo dell’ “oppressione, repressione e sopraffazione” dello stato sul cittadino. La destra si schierò contro, in quanto con la chiusura dei manicomi l’ordine pubblico correva il rischio di venire pericolosamente disturbato. “L’idea di fondo non era sbagliata”, dice Cristina Giongo, “ma non si può chiudere un ospedale psichiatrico ancor prima di avere strutture già pronte ad accogliere questi pazienti in modo adeguato. I comuni ospedali non erano equipaggiati a farlo, ancor meno le famiglie. Spesso i pazienti affetti da disturbi psichici creavano scompiglio in corsia assalendo altri degenti ed il personale infermieristico. Anche mio padre, primario medico, una volta prese un pugno da uno di questi malati. La conseguenza della Legge 180 fu che tanti genitori per esempio figli schizofrenici, furono costretti a riprenderli in casa senza essere preparati a farlo, senza aver avuto la possibilità di venir professionalmente aiutati ad affrontare questo tipo di assistenza tanto pesante e difficoltosa. Con conseguenze disastrose per l’intera famiglia.”
Vittima
Anche Cristina Giongo ebbe molti problemi con un giovane schizofrenico, quando era presentatrice di un programma televisivo che andava in onda tutti i giorni, in diretta, alla televisione italiana. Una trasmissione simile al nostro “TweeVandaag”. “Mi telefonava ogni notte per annunciarmi che doveva uccidermi: ‘sei troppo buona per questo mondo’ diceva per giustificare il suo intento. Mi misero accanto una guardia del corpo quando entravo ed uscivo dagli studi televisivi. Eppure una volta riuscì ad avvicinarsi a me e si fece riconoscere: era veramente un bel ragazzo, gentile e mi fece pena. Gli chiesi semplicemente il suo numero di telefono e poi chiamai sua madre, che mi raccontò una serie di drammatiche realtà, costretta a convivere con questo ragazzo psichicamente disturbato senza alcun aiuto e sostegno medico e psichiatrico. Soltanto se veniva colto da un attacco particolarmente grave lo ricoveravano per due giorni in una comune corsia d’ospedale e poi lo rimandavano a casa dove tutto ricominciava come prima.” Ecco perchè questa giornalista, quando nel 1982 l’amore la condusse in Olanda, cominciò subito ad interessarsi all’assistenza che noi diamo ai malati affetti da disturbi psichici, iniziando uno stage presso il manicomio De Grote Beek, “Il Grande Ruscello”, ad Eindhoven, con l’intento di scrivere un libro. Ma dopo poco tempo rimase incinta del primo figlio, per cui mise da parte il progetto; troppo impegnativo anche a livello emotivo. Quattro anni dopo nacque il secondo figlio e ancora una volta il programma venne spostato. Tuttavia rimase attiva nel campo del giornalismo scrivendo articoli per quotidiani e settimanali italiani, pubblicando tre libri e tenendo corsi di lingua italiana. “Non devi soltanto insegnare l’italiano ma contemporaneamente la cultura del nostro Paese. Durante le lezioni beviamo un bicchiere di vino e mangiamo un pezzo di torta,” è la sua ricetta per far imparare con piacere. Dopo tanti anni eccola riprendere nuovamente in mano il suo vecchio progetto di scrivere un libro su come l’Olanda si occupa dei pazienti affetti da certe patologie, riprendendo i contatti con il Grote Beek. Questa volta con uno scopo mirato: affrontare il tema della depressione. “Molto spesso le persone che cadono in depressione cercano aiuto troppo tardi”, ci dice. “Eppure attualmente ci sono medicine adatte e terapie di sostegno (che non siano necessariamente il prozac o i sonniferi) che favoriscono la guarigione e restituiscono il desiderio di uscire nuovamente di casa, di andare a fare le spese, al cinema, in poche parole di ricominciare a vivere.” “La depressione è una malattia sottovalutata”, continua Cristina Giongo. “Per esempio ti accorgi subito se un uomo ha avuto una madre depressa. Lo puoi vedere dai suoi rapporti con le donne, dalla sua maniera di gestirli e di trattarle, in modo spesso fittizio. Queste persone hanno assunto un’altra identità che gli psicologi definiscono “artificiale” e si comportano in modo totalmente distante dalla realtà e da come loro realmente sono.” Secondo lei la spiegazione data dagli psicoterapeuti è semplice e comprensibile. “La madre è per il suo bambino il primo contatto con il mondo. Coccolarlo e prenderlo in braccio sono gesti e segni d’amore importantissimi per il suo sviluppo anche futuro. Ma un bambino che non riceve amore perchè sua madre è depressa e quindi, a causa della sua depressione, è soltanto concentrata su se stessa e sui suoi problemi, sviluppa lui stesso un comportamento rivolto soltanto a cercare di guadagnarsi da parte sua un minimo gesto d’affetto, di riconoscenza: un bacio, una carezza. Sino a che a lungo andare perde la sua identità, sviluppando una “falsa identità” che non gli appartiene. E prima o poi ne pagherà le conseguenze.”
Un’aria sempre grigia
Infine Cristina Giongo non sarebbe un’italiana se non si lasciasse andare anche a constatazioni sul tempo olandese. “Il cielo in Olanda è spesso grigio. L’aria è grigia. Ma la gente ha bisogno di luce. In Italia c’è (naturalmente) molto più sole e gli italiani vivono di più all’aperto. Un’altra differenza è che gli italiani non si vergognano di esprimere i loro sentimenti, le loro emozioni. Se si chiede ad un olandese come sta, ti risponde sempre “tutto bene”, anche se va tutto male. Un’italiana a cui poni la stessa domanda potrebbe anche darti una risposta più profonda e spontanea, del tipo: “Non bene. Mio marito mi ha tradita.” |